Liturgia

QUARESIMA 2023: “Cristiani si diventa! – Battesimo e sinodalità”

«Chiesa e Sinodo sono sinonimi», ha ribadito più volte papa Francesco. Stare insieme, camminare insieme, sentirsi fratelli, non è una scelta pastorale tra le altre. Non si sta nella Chiesa per hobby, per costume sociale o perché ci si riconosce in un club. Siamo Chiesa in quanto popolo di battezzati: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Non c’è Chiesa senza Battesimo perché non c’è Chiesa senza figliolanza divina e senza fraternità universale. Oggi però si assiste ad uno scenario diverso da quello appena descritto e che dovrebbe essere realmente: comunità amorfe dove tra la maggior parte dei membri non ci si conosce, dove i sacramenti sono vissuti privatisticamente (io e Dio, senza la comunità) e in modo meramente ornamentale, per segnare alcuni passaggi della vita personale e sociale… Tutto questo deve provocare quantomeno un senso di inquietudine nella coscienza del credente, uno “scossone” interiore che induca a riflette su cosa siamo, cosa stiamo vivendo, verso dove stiamo andando… In un tempo di diffuso malessere ecclesiale, tirare a campare e continuare a fare le cose perché si devono fare, equivale ad assistere indifferenti allo svuotamento delle chiese e all’allontanamento delle nuove generazioni dal cristianesimo. «Cristiani non si nasce, ma si diventa» (Apologetico XVIII, 4) era la ferma convinzione di Tertulliano, catechista che operò nella Chiesa di Cartagine tra la fine del II ed il III sec. Il Battesimo è prima di tutto un dono di Dio! La frase di Tertulliano esprime allo stesso tempo, l’assimilazione personale del sacramento ricevuto: la risposta al dono, il cammino di discepolato che esso comporta. Senza tale corrispondenza, si cadrebbe nel puro sacramentalismo o in una interpretazione magica della realtà ecclesiale, con il pericolo, nella pastorale, che l’appartenenza alla Chiesa diventi un fatto estrinseco che non impegna la persona e l’intera comunità. Il tempo forte della Quaresima, dà l’opportunità di tornare al fondamento di tutta la vita cristiana in cui ci è stata trasmessa la fede: il Battesimo. L’esperienza sinodale che stiamo percorrendo a diversi livelli di Chiesa – locale, continentale, universale – trova il suo riferimento fondante nel Battesimo che accomuna tutti i membri del popolo di Dio, investendoli «della stessa dignità di figli di Dio e della stessa missione».  Battesimo e Sinodalità, utilizzando una metafora, stanno al cristiano come la sistole e la diastole stanno al cuore umano: ricevere tutto e dare tutto, figli di Dio e fratelli in umanità. Fare sinodo significa sapersi parte del popolo di Dio con tutti i battezzati e avvertire lo strazio per quanti, a diverse ragioni, hanno abbandonato la comunità. Il cammino sinodale è un percorso di grazia per tutti, che offre la possibilità «di liberare la Chiesa dal clericalismo, in modo che tutti i suoi membri, sia sacerdoti sia laici, possano adempiere alla comune missione». Il clericalismo «è visto come una forma di impoverimento spirituale, una privazione dei veri beni del ministero ordinato e una cultura che isola il clero e danneggia i laici». «Questa cultura – dice il testo – separa dall’esperienza viva di Dio e danneggia le relazioni fraterne, producendo rigidità, attaccamento al potere in senso legalistico e un esercizio dell’autorità che è potere più che servizio». Il clericalismo genera mancanza di ascolto, settarismo ed emarginazione all’interno delle comunità e priva della capacità di integrazione all’interno del Popolo di Dio: «Le iniziative troppo “clericaliste” vanno stigmatizzate. Molti gruppi oggi, tra gli stessi battezzati, non si sentono più a casa all’interno della Chiesa perché giudicati e denigrati dagli stessi cristiani: i poveri, gli anziani soli, le donne, i giovani, i divorziati risposati, le persone L.G.B.T (Cfr. Segreteria generale del Sinodo, Allarga lo spazio della tua tenda, n. 58). La cultura esclusivista non fa parte del vangelo perché Gesù curava proprio le persone più fragili, emarginate e stigmatizzate dalla società: in esso emerge prepotentemente una cultura inclusiva Va ammesso che anche tra i cattolici, talvolta per fanatismo e per moralismo, si è fomentata una cultura di esclusione piuttosto che di accoglienza: «occorre riconoscere che i fanatismi che inducono a distruggere gli altri hanno per protagonisti anche persone religiose, non esclusi i cristiani […] Così facendo, quale contributo si dà alla fraternità che il Padre comune ci propone? (Papa Francesco, Fratelli tutti, n.46) . La comunione è fatta di persone concrete e libere, dove ciascuno ha il proprio vissuto, «ogni forma di comunione che nega o assoggetta la persona è inammissibile». Con l’augurio di una feconda Quaresima vi saluto con affetto.

 

don Francesco Mancini

Delegato Ufficio Liturgico